Articolo postato il: 02/09/2012 Autore: Lorenzo Giusti
In Olanda, Paese di riferimento mondiale per la mobilità sostenibile, il numero di auto pro capite a livello nazionale è perfettamente in linea con la media Europea (http://upload.legambiente.org/mostragreenlife.org/docs/dossier_noauto.pdf - Diagramma pag. 7) A Milano, in alcuni ambienti, si ritiene che il numero di autoveicoli immatricolati nel territorio comunale sia eccessivo. Per tale motivo fioriscono molteplici ipotesi di strategie atte a ridurre significativamente il numero di auto private materialmente possedute. La strada principale è quella di individuare dei sistemi in grado di esercitare una "pressione" sul cittadino in modo tale da rendere sconveniente ma soprattutto "disagevole" il possesso (e non il solo utilizzo) di una vettura privata. Talmente disagevole da spingere i possessori a disfarsene. L'obiettivo quindi non è più quello di promuovere un utilizzo più consapevole (e in sostanza più moderato) della vettura, ma direttamente di inibire il suo possesso. Si ritiene che la strada principale per raggiungere questo traguardo sia di operare questa pressione sociale attraverso una costante riduzione del numero di parcheggi disponibili sul suolo comunale. Questo, seguendo il principio secondo cui "qualsiasi azione che incentiva l'uso dell'auto non fa altro che agevolarne l'utilizzo, è un incentivo al possesso e di conseguenza non ne riduce la presenza". In sostanza "meno parcheggi ci sono, più la gente sarà costretta a disfarsi del proprio mezzo". Questo principio però non fa distinzione tra impiego e proprietà, concetti che sono per certi versi indissociabili (se io voglio usare poco la mia vettura, va da sè che nel momento in cui non ne faccio uso, ho necessità di un luogo dove sostarla). Già oggi a Milano siamo nell'ordine di 700.000 auto immatricolate e 500.000 parcheggi regolari. Ogni notte 200.000 auto non possono che sostare in palese divieto. Ammesso che questo meccanismo abbia un fondamento costituzionale (possono le istituzioni formalmente indurre o forzare la popolazione a vendere un bene privato?), c'è da chiedersi se sia un obiettivo realistico e se davvero i cittadini (e chi di loro?) saranno disposti a rinunciare alla propria vettura. Soprattutto in virtù del fatto che se il processo dà esiti negativi e l'eliminazione sistematica di posti auto regolari non corrisponderà ad una riduzione di auto possedute, non si farà altro che generare un incremento incontrollato dell'entropia che già ampiamente regna per le nostre strade. Il significato sul concetto di "possesso" (e non sull'impiego) di un auto non è secondario. Il caso Olanda può essere d'aiuto per valutare le ipotesi di evoluzione del fenomeno sul piano concreto. Il Paese modello mondiale della mobilità sostenibile ha un numero di auto pro capite perfettamente in linea con la media europea (l'Italia è di circa il 20-25% superiore alla media europea). Fanno meglio di loro Paesi come Irlanda e Grecia. E' difficile pensare che se neppure i Paesi Bassi, al vertice della cultura in materia di mobilità dolce, non hanno scelto (o non sono stati in grado di scegliere) la strada della riduzione della "proprietà" individuale delle vetture, altri paesi siano in grado di farlo ...e ancora più improbabile l'Italia che non occupa le prime posizioni in materia di mobilità sostenibile. E' inevitabile, si sa, che per risolvere un problema sia indispensabile prima riconoscerlo e il problema della carenza di parcheggi nel capoluogo lombardo è innegabile e incombente. Alla luce della ragione (e dell'algebra) non si scorgono motivazioni per opporsi all'intento di colmare il divario tra i 500.000 posti auto regolari esistenti a fronte delle 700.000 auto immatricolate nel territorio comunale. Ma il vero peso che grava come conseguenza di questa sorta di "ostilità" all'auto è il diffuso ingenerarsi a più livelli amministrativi, del pericoloso principio secondo cui "tutto ciò che agevola l'auto ne incentiva l'uso ed è quindi negativo". In base a questo equivoco di fondo ogni scelta dell'amministrazione pubblica punterà ad attivare provvedimenti e scelte urbanistiche che, nella migliore delle ipotesi, ignoreranno la inequivocabile e concreta esigenza di posti auto regolari (vedi recente vicenda della ciclabile di Via delle Forze Armate). Meccanismo che è già attivamente in corso e ben visibile in molte strade e viali attualmente in fase di riqualificazione, che vedono il continuo replicarsi di questa "disattenzione" all'insistente (e disperata) domanda di spazi per la sosta.
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