| Area C, contestato Maran: «Una tassa assurda» In centinaia all'incontro con l'assessore Rivolta durante l'assemblea in zona 1. «Ci fate pagare per rientrare nelle nostre case». La sala in corso Garibaldi non basta per la folla
Articolo del: 10/01/2012 Autore: Gianni Santucci Armando Stella
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MILANO - Le urla si gonfiano dal fondo della sala: «Buffoni, buffoni». Mani sbattute sui tavoli. Insulti. La sala comunale di corso Garibaldi è stracolma (anche perché piccola e inadeguata). Qualche centinaio di persone all'interno, altrettante fuori. La rabbia della zona 1 contro l'Area C esplode di fronte all'assessore all'Ambiente della giunta Pisapia, Pierfrancesco Maran, venuto a illustrare il provvedimento antitraffico che partirà il prossimo 16 gennaio. Illustrare, in realtà, è impossibile: già alle nove di sera l'assemblea si trasforma in una bolgia da stadio.
LA BAGARRE - Ancor prima di cominciare, e per più di un'ora, si discute solo sull'ipotesi di rimandare l'appuntamento o spostare la discussione all'esterno. È quel che accade, alla fine: intorno alle dieci l'incontro su Area C si svolge al freddo, in un giardino. E dal Comune arriva una minima apertura: «Possibile qualche modifica per i residenti che escono ed entrano ogni giorno dal centro».
I RESIDENTI - A Palazzo Marino tutti erano consapevoli che l'appuntamento con i residenti all'interno dell'Area C sarebbe stato il più teso e problematico dell'intero tour programmato dalla giunta nelle zone della città. Qui, dentro i Bastioni, batte il nervo scoperto dei molti residenti che hanno già presentato ricorsi al Tar e si ribellano: «È inconcepibile dover pagare per rientrare in casa propria». Nessuno però prevedeva un livello di tensione così alto. L'evento è simbolico. Non si trattava di una riunione rionale, ma del primo dibattito pubblico sul provvedimento che rivoluzionerà la politica ambientale di Milano e cambierà le abitudini di decine di migliaia di cittadini.
IL CENTRODESTRA - Tanto era simbolico questo appuntamento, che il centrodestra ha schierato i suoi pasdaran : l'avvocato Roberto Lassini (autore dei manifesti che infiammarono la scorsa campagna elettorale, «Fuori le Br dalle Procure») e l'ex assessore Tiziana Maiolo. Con loro un gruppetto di militanti di partito, tra i più accesi contestatori. Intorno a questo nucleo si sono però radunati circa 400 residenti animati da genuina insofferenza. Parlare, anche fuori dalla sala, è stato complicato. Con cori e urla per ribattere a qualsiasi frase dell'assessore. Maran: «È un provvedimento complesso...». Applausi ironici. Maran: «C'è stato il referendum». Replica: «Bugia». Maran: «È una sperimentazione, verificheremo...». Risposta: «Non vogliamo pagare».
IPOTESI MODIFICHE - È escluso che a questo punto Palazzo Marino possa cambiare i principi base di un sistema di regole ormai scritte, ma è altrettanto vero che l'intera giunta e il sindaco Pisapia non potranno ignorare questa «rivolta». È lo stesso Maran a rendersi conto della situazione e, a metà dell'incontro, apre a una possibile modifica: «Abbiamo due mesi di tempo, dobbiamo individuare nuove soluzioni per quel 20 per cento di residenti che esce frequentemente dal centro per lavoro». È quello il nodo: chi lavora fuori dai Bastioni, e non può usare i mezzi, potrebbe spendere oltre 300 euro l'anno proprio per tornare dall'ufficio a casa.
GLI INTERVENTI - «Peccato - commenta Anna Gerometta, dei "Genitori antismog" -, ci sono molti abitanti del centro favorevoli all'Area C, ma in questo contesto è impossibile sentire la loro voce». Gli interventi dei cittadini, che parlano dopo l'assessore, sono però tutti contrari. Su questa linea: «Le statistiche del Comune perdono di vista le persone. Abbiamo il diritto di veder rispettate le nostre esigenze». Martedì, in serata, dovrebbe esserci una nuova assemblea davanti alla Camera del lavoro in corso di Porta Vittoria. Con la probabilità concreta che il messaggio sia ancora quello sintetizzato ieri da Luca Scalmana, portavoce delle 1.500 famiglie del movimento «Residenti no charge»: «Vogliamo rientrare in casa senza dover guardare l'orologio. Non vogliamo essere discriminati».
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