Articolo del: 06/02/2017 Autore: Sergio Harari
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Il 2017 non è partito bene per l’aria della città, d’altra parte affidare le politiche ambientali ai capricci della meteorologia presenta qualche indubbio rischioIl 2017 non è partito bene per l’aria della città, d’altra parte affidare le politiche ambientali ai capricci della meteorologia presenta qualche indubbio rischio
Il 2017 non è partito bene per l’aria della città, d’altra parte affidare le politiche ambientali ai capricci della meteorologia presenta qualche indubbio rischio. Se in Paesi molto più inquinati del nostro, come la Cina, è stato possibile arrestare la continua crescita dell’inquinamento atmosferico e registrare anche qualche diminuzione grazie alle precise strategie messe in atto, allora vuol dire che volendo qualcosa di veramente incisivo si può fare. Gli interventi «tampone» come quelli che siamo ormai abituati a conoscere, invece, lasciano ben poche speranze per una risoluzione del problema. Eppure, anche senza citare studi scientifici, chiunque viva a Milano percepisce quanto l’aria sia malsana e come, appena ci si allontani dalla città per una vacanza, tosse, asma e bronchiti spariscano. Se le macchine sono certamente uno dei principali imputati, non sono però le sole responsabili. Gli impianti di riscaldamento, dei quali spesso ci dimentichiamo, giocano un ruolo chiave. Secondo gli ultimi dati disponibili nel 2014 Milano aveva 192.300 impianti di riscaldamento dei quali quasi il 20% erano alimentati ancora a gasolio. Una percentuale elevata che non aveva pari in quasi nessuna città italiana, nonostante la normativa regionale già da molto tempo ne avesse previsto l’obbligatoria sostituzione. Le emissioni delle caldaie a gasolio sono decisamente superiori a quelle a gas: in media emettono a parità di calore prodotto il 44% in più di ossidi di azoto.
Il 9272% in più di anidride solforosa, il 2471% in più di Pm10, il 34% in più di anidride carbonica. Una decisa azione su questo tipo di riscaldamenti contribuirebbe quindi a ridurre drasticamente l’inquinamento atmosferico. Le caldaie a gasolio sono distribuite in modo diffuso in tutta la città, anche se la maggiore concentrazione è circoscritta alle zone più centrali. Lo sviluppo del teleriscaldamento mediante la realizzazione di un’infrastruttura di distribuzione sarebbe quindi cruciale proprio in centro, dove il problema è più critico. Va anche implementata la rete del gas in tutte le rimanenti zone cittadine, questo per eliminare quei «colli di bottiglia» che ancora non consentono di rendere disponibile ovunque il gas metano per riscaldamento in sostituzione al gasolio. Ma certo è più complicato del solo affidarsi alla prossima pioggia.
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