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Valanga di ricorsi al prefetto: annullato il 30% delle multe

Articolo del: 05/11/2008
Autore: Daniela Uva

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Divieti di sosta, passaggi con il rosso, l'occhio sempre vigile delle telecamere puntate sui varchi Ecopass. Pericoli quotidiani per gli automobilisti alle prese con il traffico di Milano. Che, puntualmente, vedono piovere nella casella della posta decine di contravvenzioni. Ma basta un po’ di «furbizia», e di informazione, per risolvere il problema. La ricetta è in una parola sola: ricorso. Al giudice di Pace o al prefetto, sperando che la pronuncia dell'ufficio competente arrivi troppo tardi. È così che migliaia di automobilisti hanno imparato che pagare subito le multe non conviene. I giudici addetti a decidere sui ricorsi, infatti, sono spesso oberati e non riescono a rispondere entro i novanta giorni che la legge mette loro a disposizione. A quel punto scatta una sorta di silenzio assenso che annulla la contravvenzione, indipendentemente dalla violazione che il cittadino ha commesso.

Un danno notevole per i Comuni che, nell'epoca dei tagli all'Ici, sempre più spesso inseriscono le multe nella propria politica economica. Utilizzando i proventi non solo per investire sulla sicurezza stradale - come prevede il Codice della strada -, ma anche per ripianare i propri bilanci.

Quando riceve una contravvenzione l'automobilista ha due possibilità: pagarla subito oppure presentare ricorso. Sapendo che, in caso di risposta negativa, dovrà spendere il doppio. Gli uffici competenti sono due: il giudice di Pace e la Prefettura. Entrambi hanno novanta giorni esatti di tempo per pronunciarsi.

Nessun problema per i primi, che non sono certo un esercito ma a Milano in 124 riescono a decidere in tempo, nonostante i ricorsi arrivati finora siano circa settantamila. Più difficile la situazione in Prefettura, che da sola deve occuparsi delle richieste provenienti da tutti i 182 Comuni della provincia, un totale di quasi quattro milioni di abitanti. E così capita spesso - più o meno il trenta per cento delle volte - che i reclami giacciano sulle scrivanie per più dei tre mesi previsti. Fino a quando non scatta il silenzio assenso che salva l'automobilista indisciplinato.

«Se il ricorso non ottiene una risposta in tempo il cittadino è salvo - conferma Vito Dattolico, coordinatore dei giudici di pace di Milano -. E comunque, prima di comparire davanti al magistrato passano minimo cinque mesi. Il nostro ufficio non ha problemi di super lavoro, se non rispondiamo è perché abbiamo deciso di accogliere il reclamo». Resta il fatto che i Comuni si lamentano per il danno economico. «Ma restano passivi - continua Dattolico -. L'amministrazione potrebbe ricorrere in appello contro la decisione del giudice, ma lo fa solo in pochissime occasioni nonostante non debba neanche pagare l'avvocato. L'anno scorso su 20.010 sentenze, solo l'uno per cento è andato in appello, per un totale di 413 pronunce. Questo significa che il Comune non fa nulla per recuperare il denaro che sostiene di aver perso. In ogni caso, nel 2007 le cause accolte sono state il 40 per cento, non certo la maggioranza».

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