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Città bloccata, rabbia e proteste. I rinforzi dal Friuli: 750 volontari

Articolo del: 08/01/2009
Autore: Giulia Guerri

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Nevica e «arrivano i nostri». O meglio, i volontari della Protezione civile del Friuli Venezia Giulia e del Veneto. Settecento uomini in totale (500 friulani e 250 veneti), millecinquecento braccia in più per aiutare Milano a riemergere da 35 centimetri di neve. «Siamo l’unica Regione non in allerta. Martedì sera alle 21 sono partite le telefonate e alle 24 ci siamo messi in viaggio - spiega Muro Cozzuto, funzionario regionale e caposquadra dei ragazzi del Friuli -. Sei ore per arrivare in città e da Brescia a passo d’uomo». Guarda piazza della Scala, le vie del centro e ammette che forse poteva andare meglio. «Noi spaliamo e basta, per il sale ci pensano quelli dell’Amsa», precisa Cozzuto. Già quelli dell’Amsa. «Ma chi li ha visti? - dice inferocita la signora Tina, custode di un palazzo in via Manzoni -. Una volta c’erano gli uomini e invece stamattina ho dovuto spalare io. Ho le braccia che non le sento più. Ma dico: lo sapevano da una settimana che sarebbe arrivata la neve, almeno potevano buttare il sale. E poi la Moratti fa pagare l’Ecopass». Eccola l’indignazione dei lavoratori, dei cittadini, di tutti quelli che ieri mattina sono dovuti arrivare in città per lavorare o per accompagnare i propri figli a scuola e la città l’hanno trovata sepolta dalla neve. Che ci hanno messo quattro ore per raggiungere il posto di lavoro, che sono rimasti imbottigliati nel traffico o che hanno tentato - invano - di salire su un mezzo pubblico. Eccola la rabbia della gente comune che rimbalza con la stessa intensità dalla periferia al centro. Alle 12.30 via Verdi è una lastra di ghiaccio. «È dalle 7 che è così e non è passato nessuno - raccontano Paolo e Giuseppe, dietro il bancone del bar Le Spighe, accanto alla Scala -. Ma mica solo qui, dappertutto è lo stesso: Città studi era bloccata, Cordusio pure. Non hanno pulito niente». E che non dicano che è un evento eccezionale, aggiunge Angelo, proprietario del locale, «non siamo mica in Africa!». In piazza della Repubblica, c’è una colonna di tram fermi. Una signora si avvicina alle porte dell’ultimo mezzo in coda e chiede se per caso hanno spostato lì la fermata, proprio in mezzo alla strada. «Oggi è un delirio», sbuffa mentre si allontana cercando di mantenere l’equilibrio mentre scavalca i cumuli di neve sul marciapiede. «Gli scambi di tutta la città non funzionano - racconta un autista -. Dobbiamo scendere, pulirli e ripartire. E tutto questo provoca grandi rallentamenti». Un gruppo di stranieri alla fermata del tram di piazza Cavour chiede timidamente come poter raggiungere la galleria Vittorio Emanuele. Si voltano verso il display che indica i ritardi dei mezzi pubblici e poi decidono di avviarsi a piedi. «È una vergogna - inveisce Angelo, caposquadra della Croce Bianca che ieri ha guidato l’ambulanza tra mille difficoltà -. Ci ho messo quattro ore ad arrivare da Linate. Non c’erano mezzi a disposizione, le tangenziali stracolme di neve. Non hanno fatto niente, niente. E non ci vengano a dire di prendere i mezzi pubblici che non c’erano. Per non parlare degli spalatori: che fine hanno fatto?». Davanti a Palazzo Marino ce ne sono sei: il turno delle otto del mattino finisce alle 15 e poi il cambio, fino a fine giornata. Eppure la piazza è piena di neve lo stesso.


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