| la lettera - parcheggio selvaggio in piazza lega Lombarda La Mercedes, le moto danneggiate e i vigili che «non hanno pattuglie» L'indignazione di un cittadino che assiste impotente a un episodio di ordinaria inciviltà urbana
Articolo del: 15/01/2011 Autore: Alessandro Calderoni
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Perché nel nostro Paese non è così diffuso il senso civico? Da giovedì sera ho una mia personale risposta: perché talvolta è frustrante averne. Sono le 21.20, sto rincasando in moto dopo una giornata di lavoro quando, al semaforo di piazza Lega Lombarda, mi capita di assistere a una scena a dir poco singolare. Un giovane uomo, alla guida di una lussuosa Mercedes sportiva, cerca di parcheggiare in retromarcia, sfruttando uno spazio evidentemente troppo angusto per le dimensioni della sua vettura. Il tentativo va male, in effetti, e l'auto urta una moto e un motorino parcheggiati sulla medesima isola al centro della carreggiata. La moto cade sullo scooter ed entrambi finiscono a terra riportando danni visibili: parabrezza rotto, specchietto retrovisore in frantumi, bauletto aperto. Qualche centinaio di euro buttato per un parcheggio impossibile.
L'imprudente guidatore scende dalla macchina e in fretta e furia rimette sul cavalletto i due motocicli: lo vedo con la coda dell’occhio mentre il semaforo diventa verde, svolto verso l'arena e mi fermo al semaforo successivo, di nuovo rosso. Mettendomi nei panni dei proprietari dei mezzi incidentati, decido di tornare indietro e constatare le conseguenze della manovra maldestra. Il guidatore ha già occupato un posto liberatosi proprio in quel momento a tre metri dallo scooter, chiude la sua macchina da molte decine di migliaia di euro e si dirige come se niente fosse, insieme alla sua compagna, verso uno dei locali della zona. Naturalmente si «dimentica» di lasciare un biglietto con le indicazioni necessarie per essere trovato dalle due persone danneggiate e avviare la pratica assicurativa per il risarcimento.
Chiamatelo senso civico, deformazione professionale giornalistica oppure immedesimazione nei danneggiati, fatto sta che decido di fermarmi, levarmi il casco e scattare un paio di fotografie. Mentre osservo i pezzi rotti sul marciapiedi, mi accorgo che dal bauletto aperto della motocicletta sono usciti tutti i documenti che il proprietario imprudentemente aveva lasciato all'interno. Passa in quel mentre una pattuglia della polizia locale e subito mi agito per attirarne l'attenzione, ma i due ghisa non mi vedono nonostante procedano a velocità bassa e sfilino a due metri da me. Inforco nuovamente la motocicletta e li inseguo fino al semaforo successivo, busso al finestrino del conducente e lo informo dell'accaduto: in pochi secondi mi dice che non ha tempo ed è già occupato in un servizio, invitandomi a chiamare la centrale. Torno sul luogo del tamponamento e, sprovvisto del numero della centrale dei vigili, chiamo il 113. Che non risponde. Allora chiamo il 112, ma non rispondono nemmeno i carabinieri.
Richiamo il 113, e questa volta qualcuno risponde: spiego nel dettaglio l'accaduto e l’operatore mi invita a rimanere in attesa, dicendo che avrebbe provveduto lui a contattare la centrale operativa della polizia locale. Ormai sono quasi le 22, io sono ancora in piedi in mezzo alla strada ad aspettare che qualcuno faccia qualcosa per evitare che i documenti del motociclista vadano persi o rubati e per attribuire le giuste responsabilità all'incauto automobilista. Dopo una manciata di minuti, risponde una voce femminile che si qualifica come «centrale operativa della polizia locale» e mi fa ripetere da capo tutta la storia prendendo nel dettaglio anche le targhe e la disposizione dei veicoli. Alla fine ecco il verdetto: «Mi spiace ma non abbiamo nessuna macchina libera, in questo momento. Ho comunque preso nota della sua segnalazione: manderemo una pattuglia più tardi, tenga il cellulare acceso. Nel frattempo per cortesia, raccolti i documenti, li metta nel bauletto rotto e lasci un biglietto con l'indicazione del suo numero di telefono e quello della targa del responsabile». Come dire: faccia tutto quello che avrebbe potuto fare un'ora fa senza disturbarci. Innervosito, strappo due pezzettini di carta indicando il mio cellulare e la targa dell'automobile parcheggiata a pochi metri da lì e infilo un biglietto nel bauletto rotto e l’altro sotto la copertina dello scooter. Rimetto il casco, salgo in moto e percorro via Legnano. Meno di 2 km, nemmeno il tempo di pensare che sicuramente in una città grande come Milano tutte le auto della polizia locale avranno avuto qualcosa di più urgente da fare, ed eccone tre, belle, lucenti, bianche e verdi, tronfie e ferme in piazza Cadorna. Con altrettanti vigili in piedi, impegnati a firmare multe. Ecco la vera priorità. Per la cronaca: il cellulare è rimasto acceso, ma non mi ha più richiamato nessuno.
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