Articolo del: 01/02/2011 Autore: Armando Stella Gianni Santucci
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MILANO - Una caldaia a gasolio inquina cinque volte di più di una a metano. E per capire l'impatto sulle polveri sottili che in questi giorni infestano l'aria bisogna prendere l'ultima statistica sul riscaldamento milanese: tra i 53 mila impianti di stabili privati, circa 10-12 risalgono a 60, 70 o anche più anni fa. Una buona percentuale di questa «fetta» è ancora alimentata a gasolio. Il quadro riassuntivo dice che (mettendo nel conto anche gli stabili pubblici) circa un venti per cento di caldaie a gasolio sono responsabili dell'80 per cento di tutto lo smog prodotto dal riscaldamento. Contro le tesi di chi, soprattutto nell'amministrazione, cerca però di ridimensionare le «colpe» del traffico amplificando l'apporto delle caldaie, ci sono però dettagliate indagini scientifiche. La più approfondita è quella del progetto Inemar, una sorta di bibbia dello smog, che fa l'inventario delle sostanze tossiche presenti nell'aria e ne identifica le fonti. Ecco, secondo i dati Inemar elaborati dall'Arpa Lombardia, in provincia di Milano i riscaldamenti producono il 14 per cento del Pm10, mentre il trasporto su strada e quello relativo a camion e macchinari di cantiere sono responsabili del 70 per cento delle polveri sottili.
I controlli. Tenendo sempre presente questo quadro, di apporto consistente ma comunque fortemente minoritario dei riscaldamenti all'inquinamento di Milano, si può però cercare di capire quali sono le più pesanti sorgenti di veleni nel panorama delle caldaie. Primo: gli stabili privati sono sostanzialmente al di fuori di qualsiasi controllo. L'ordinanza comunale sui 19 gradi di temperatura massima è quindi, nei fatti, niente più che un'esortazione (nessuno può entrare di forza dentro le case dei milanesi con un termometro). Lo ha spiegato lo stesso vicesindaco, Riccardo De Corato: «Bisogna ricordare che la polizia locale può fare i controlli negli esercizi commerciali o negli uffici pubblici o aperti al pubblico (2.057 i controlli dallo scorso novembre). Ma non può entrare nei singoli appartamenti privati». Esiste in realtà un meccanismo di intervento sui privati: il Comune ha un massiccio sistema di controlli (in appalto ai tecnici aziendali che rispondono a un bando stagionale) per verificare l'efficienza degli impianti. Corretto funzionamento vuol dire meno consumi e quindi meno smog. In base alla normativa regionale, queste verifiche arrivano anche a 10 mila l'anno e quindi rappresentano una mappatura piuttosto dettagliata degli impianti in città. De Corato ieri ha attaccato: «Il riscaldamento incide parecchio. Qualcuno dovrebbe spiegare infatti perché nei mesi primaverili ed estivi non c'è il problema del Pm10 a Milano». Ribatte il consigliere dei Verdi, Enrico Fedrighini: «A settembre, quando i riscaldamenti erano spenti, la soglia d'allarme era già stata superata per diversi giorni. La realtà è che o si prendono provvedimenti seri, o si spera in pioggia e neve: l'amministrazione ha scelto la seconda strada».
Impianti pubblici. Una delle grandi rivoluzioni per il miglioramento dell'aria milanese è stata la «metanizzazione» degli anni Ottanta. «Al di là delle misure d'emergenza che si può provare a prendere adesso - spiega l'ex assessore all'Ambiente, Edoardo Croci -, il prossimo vero passaggio sarà quello alla termovalorizzazione. Con il sindaco e l'A2A avevamo firmato un protocollo per arrivare ai 500 mila abitanti serviti da teleriscaldamento, a impatto ambientale praticamente zero, entro il 2012. È quella la strada maestra sulla quale puntare tutte le energie». C'è però un ultimo settore di arretratezza grave: riguarda gli stabili non strettamente comunali, ma comunque pubblici. Scuole, asili, ospedali, Tribunale (lavori avviati l'estate scorsa), impianti sportivi: hanno per la maggior parte impianti vecchi. Le competenze tra vari enti e ministeri ritardano l'ammodernamento. E così poche decine di stabili continuano a inquinare come se ci fossero ancora fabbriche dentro la città.
Commento: Secondo altri dati la percentuale dovuta al riscaldamento è più alta. Nell' articolo, inoltre, non si spiega se il valore indicato è riferito ad una media annuale, o solo nel periodo in cui sono accesi i riscaldamenti. Nel primo caso il valore, rapportato solo al periodo invernale, andrebbe circa raddoppiato.
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