Articolo del: 24/02/2011
Vai all' articolo originale
I bimbi di Milano, rispetto ai coetanei del resto d’Italia, si ammalano molto più che nel resto d’Italia di disturbi legati all’apparato respiratorio. In media 6 o 7 episodi nei primi 3 anni di anni di vita e 4-5 negli anni successivi. Circa il 30-35% in più che al Centro-Sud o comunque lontano dalle aree metropolitane, e fino al doppio se come pietra di paragone si prende ad esempio una città siciliana. Un brutto record quello di Milano, che dipende anche dai livelli di smog, considerando che nei giorni di Pm10 alle stelle gli accessi di casi gravi al pronto soccorso aumentano, fra gli adulti, ma anche tra i bambini. E la combinazione inquinamento-allergie rischia di trasformarsi in una «mistura letale». A scattare questa fotografia dei «figli di Milano» sono Susanna Esposito, direttore facente funzione della Clinica pediatria I dell’università degli Studi-Fondazione Policlinico, e Maria Francesca Patria dell’ambulatorio di Pneumologia e Allergologia pediatrica. Raffreddori, otiti, tonsilliti, ma anche bronchiti e polmoniti ricorrenti. Queste i problemi dei bimbi milanesi che, «perlopiù nel periodo invernale, si ammalano anche da una a tre volte al mese», calcola Esposito. Piccoli sempre a letto che nel tempo sono comunque aumentati in tutta la Penisola: «Se negli anni Ottanta la percentuale di bambini colpiti da infezioni respiratorie fino a 8 volte l’anno nei primi 3 anni di vita, e fino a 6 volte dopo, era pari a circa il 5% - sottolinea l’esperta - ora siamo arrivati al 25%». In 30 anni il dato è quadruplicato. Ma se i bimbi sotto attacco costante di virus e batteri sono quintuplicati dagli anni Ottanta a oggi, la questione non è solo medica. «Questa recidività genera anche evidenti problemi dal punto di vista economico-sociale», evidenzia Esposito, segnalando «un pericoloso circolo vizioso che va interrotto». Il «meccanismo perverso» inizia dalla difficoltà pratica, per due genitori che lavorano a tempo pieno e che magari non possono nemmeno contare sull’aiuto di nonni o tate, di tenere a casa per troppo tempo il figlio malato. E così, appena passa la febbre, lo riportano all’asilo o a scuola dove il piccolo, non ancora guarito, re-innesca la catena del contagio e rischia anche lui l’ennesima ricaduta. «L’ansia dei genitori nel cercare di anticipare il più possibile la guarigione - aggiunge Esposito - li spinge a ricorrere all’antibiotico prima del tempo o addirittura quando non serve, sia facendo “pressing” sul pediatra sia ricorrendo al fai-da-te. Un doppio errore», avverte la specialista: primo perché «nel 60% dei casi (e nel 70% al di sotto dei 3 anni) l’infezione non è batterica, bensì virale, quindi l’antibiotico è del tutto inefficace», e secondo perché «l’uso eccessivo o scorretto degli antibiotici favorisce la diffusione di batteri resistenti». Super-germi difficili da debellare. Sempre per la fretta di “rimettere in piedi” il piccolo il prima possibile, poi, mamma e papà le provano tutte: «Il 25% dei genitori ricorre a rimedi alternativi come fitoterapia, zinco, propoli, echinacea o altri prodotti di erboristeria», elenca Esposito. Intanto anche quella di lunedì è stata una giornata di inquinamento mediamente al di fuori dei limiti. Dopo un fine settimana di polveri sottili di nuovo al di sopra della soglia dei 50 microgrammi per metrocubo, due centraline su tre sono tornare a segnare valori d’allarme: 53 microgrammi per metrocubo è quanto rilevato dalla centralina di Verziere; 62 microgrammi per metrocubo ha segnato quella di via Senato. Meglio in Città Studi dove la concentrazione di polveri sottili si è fermata a 41 microgrammi per metrocubo.
Commenti |